Tra Socrate e Cristo, una carta “ordinaria” ancora tutta da giocare dell’antropologia cristiana.
Il Battesimo nell’educazione integrale del nascituro.
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Il grembo materno, secondo l’antropologia cristiana, è la “prima aula scolastica ed educativa” della identità, della vita e della stessa redenzione operata da Cristo (Bolla Ineffabilis Deus di Pio IX); inoltre, in assoluto, il grembo è il primo luogo dei diritti nativi di ogni essere umano e il primo contesto “politico”di legami validi per crescere su basi solide. Rispetto alla stessa antropologia, il Battesimo, sacramento dell’identità cristiana istituito da Cristo e inizio di sviluppo plenario per nati e per nascituri, resta, fin dal concepimento, una carta “ordinaria” ancora tutta da giocare sul tavolo della vita e dell’educazione integrale dei nascituri. Infatti, è verità scientificamente accertata che sviluppo e processo educativo iniziano prima della nascita e sulla questione possono farci riflettere alcune considerazioni tratte da un opuscolo informativo dell’Associazione Nazionale di Psicologia e di Educazione Prenatale (ANPEP): «L’educazione prenatale si pone lo scopo di mettere al centro dell’attenzione il nascituro riconoscendogli da subito un ruolo di protagonista in quanto essere sensibile a tutti gli effetti e quindi in grado di apprendere molte cose già nella pancia della mamma» (Aivanhov O. M., L’educazione inizia prima della nascita, Ed. Prosveta, Frejius, 1985). L’educazione prenatale celebra e conferma la dignità (Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem) “insostituibile e altissima della donna” che è all’origine di ogni uomo come culla della vita e prima maestra di ogni figlio concepito. È certamente molto diverso per il futuro del bambino vivere o non vivere una maternità in grazia.
A livello giuridico, sui nascituri nella pancia della madre, Giorgio La Pira, già professore di Diritto romano, seppe dire parole importanti e chiare, pubblicate su “L’Osservatore Romano” del 19 giugno 1997 (“Un Seminario a Roma, I nascituri nei sistemi giuridico-religiosi”), in occasione del XX anniversario della morte di Giorgio La Pira. Ecco alcune di queste “parole”: «Il concepito è già un essere umano: una persona umana che, con il concepimento, è già venuta all’esistenza, “Qui in utero sunt …intelleguntur in rerum natura esse”» (D. 1.5.26). «I concepiti sono da considerare come già esistenti, già nati; “Nasciturus pro iam nato habetur” (D. 1.5.7). Il nascituro è da considerare già nato. - Questo principio che la giurisprudenza romana del tempo augusteo introdusse nel sistema dello ius civile, produsse, continua La Pira, un mutamento qualitativo nelle strutture del pensiero sociale e giuridico non solo romano ma altresì della intera civiltà umana, gettando una delle basi universali costitutive dell’edificio dei diritti inviolabili dell’uomo: il diritto alla vita!».
Il grembo materno è la “prima aula scolastica ed educativa” della vita e dei diritti nativi di ogni essere umano; nonché, in assoluto, il primo luogo di legami solidi per crescere su basi solide. Le competenti autorità dello Stato e della Chiesa, entrambe per quanto di competenza presenti ed operanti nelle aule scolastiche e nelle altre strutture educative, non possono sorvolare sui primi nove mesi che, dentro o fuori del matrimonio, ogni uomo vive nel grembo della madre e al quale, nei limiti del possibile, ogni società politica e religiosa deve provvedere, nella sua propria misura, il necessario per vivere bene e per nascere e crescere degnamente.
Da parte sua, nella sollecitudine materna, la Chiesa già insegna che: «l’embrione deve essere difeso nella sua integrità, curato e guarito come ogni altro essere umano» (CCC 2323) e, nei limiti del possibile, Essa già battezza i feti abortivi (Canone 871). Del resto Dio stesso, che è il “solo” vero maestro (Matteo 23, 8), si prende cura anche del frutto dimenticato delle viscere materne (Isaia 49, 15-16) e chiama per nome “fin dal grembo” (Isaia 49, 1; Matteo 1, 21; Luca 1, 31). San Tommaso d’Aquino (S. Th. q 34, a. 3 ad primum), dice che:«supposta l’integrità naturale, il libero arbitrio della creatura nel primo istante del suo concepimento può muoversi al bene meritando, non già al male peccando, “potest moveri ad bonum merendo, non autem ad malum peccando”».
La Bibbia, secondo il proprio linguaggio esistenziale e concreto, presenta fra l’altro una specie di pastorale educativa, pedagogica e didattica, in famiglia e tra famiglie, fin dal grembo materno tra madri gestanti e nascituri gestiti. Infatti, la “visita di Maria” gestante al primo mese, ad Elisabetta, gestante avanzata in età e al sesto mese, rivela nel racconto fatto dall’evangelista medico Luca (1, 40-43) una verità importante e significativa anche a livello di psicologia e di educazione prenatale: «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo, ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”». In famiglia dal grembo della madre, Gesù, autore del battesimo sacramento della fede, e appena nascituro al suo primo mese, ammaestra Giovanni il suo futuro “Battezzatore” che è nascituro al sesto mese ancora nel grembo della madre anziana. Insomma rispetto alla “maieutica” laica di Socrate, Cristo, fin dal grembo materno, fa la differenza anche nel campo intercomunicativo, solidale ed educativo, gettando le basi ontologiche, salvifiche e pedagogiche dell’antropologia, personalistica e cristiana. I regolamenti politici e i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario esistono per proteggere, anche a livello educativo, i più vulnerabili.
Oggi è necessario crescere in una fede più consapevole e documentata per poter valutare con senso critico la cultura dominante che ha messo in discussione valori come la vita umana dall’inizio al tramonto naturale, la persona nella sua struttura oggettiva, la libertà come responsabilità morale, la fedeltà, l’amore, la famiglia.
Nella stessa Costituzione Pastorale del Concilio Vaticano Secondo su «La Chiesa nel mondo contemporaneo» (Gaudium et Spes, 22), è disegnato fin dal concepimento l’arco incomparabile di scambio tra l’umanità dell’uomo e la vicenda singolare di Gesù: «In realtà, è scritto, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo». La storia del Verbo incarnato, fin dal grembo di Maria, mostra infatti l’admirabile commercium che si instaura tra mistero dell’uomo e mistero di Cristo, consistente in uno scambio dove la vicenda umana “trova vera luce” a livello salvifico, rivelativo e identitario. Senza identità personale, propria e specifica, sarebbe inutile ogni confronto educativo, interculturale e interreligioso.
A questo triplice livello identitario, rivelativo e salvifico, il Battesimo è il sacramento dell’ identità cristiana e “della luce”, principio “ordinario”di sviluppo plenario sia per il bambino già nato che per il bambino nascituro, entrambi immagine di Dio e persone fin dal concepimento. Perché, fin da quando si è persona e finché non si è ancora battezzato, il soggetto, «capace di ricevere il battesimo», è, per la Chiesa (Compendio del Catechismo CC 257), «ogni persona non ancora battezzata».
Il tema dell’educazione è anche la sfida posta oggi tra gli impegni primari degli “Orientamenti pastorali” dei Vescovi per il prossimo decennio e non solo in quest’anno 2010.
Inoltre, nella Bibbia per taluni aspetti, l’educazione e la cura della vita nascente sono primariamente affidate, attraverso l’istituto dell’”adozione” e della famiglia, a “laici”: “laico”, “operaio” di Nazaret e della discendenza di Davide era Giuseppe quando gli venne affidato un nascituro adottivo ed una gestante al primo mese, sua “sposa”: «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Matteo 1,24; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Redemptoris Custos. La figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa,1). Una “custodia fedele e diligente” quella dell’”operaio” di Nagaret, fino ad andare in esilio per salvare il figlio adottato e la madre.
A livello politico, demografico ed educativo, si avverte oggi la necessità di un laicato maturo disposto, con l’aiuto dello Stato e della Chiesa, ad adottare gestanti in difficoltà e nascituri che, se abbandonati, vengono condannati due volte, nella vita fisica con l’aborto e in quella spirituale con il mancato battesimo. A scuola, la missione dei maestri, e in parrocchia, la missione dei padrini di battesimo, prolungano e, a loro modo in quanto rappresentanti dei genitori, sviluppano la stessa missione naturale e propria dei genitori, in quanto “collaboratori” di Dio creatore, nel generare, nel curare e nell’educare i figli.
Non solo rispetto all’Evangelium vitae” ma anche in un contesto laico strettamente antropologico, insostituibile e primario resta il ruolo fisico, didattico e intercomunicativo della madre gestante con il nascituro nel grembo e tra il nascituro, solidale con la madre finché le resta nel grembo, di fronte alle vicende lieti o tristi con il mondo esterno. Gli esperti dell’Associazione Nazionale di Psicologia e di Educazione Prenatale adducono in tal senso molti esempi, scientificamente incontrovertibili a livello antropologico e, a certe condizioni, significativi anche in un contesto di fede sia della madre che della famiglia. In un contesto di fede familiare e di necessità, la preghiera della mamma in sintonia con il figlio che porta in seno talvolta è riuscita ad ottenere perfino cose materiali di questa vita, come ad es., una botte vuota che si riempie di vino buono dicendo semplicemente: «Signore Gesù Cristo, anche se non sono degna di essere esaudita per i miei meriti, esaudiscimi in grazia del bambino che porto in seno» (Memoria liturgica della b. Giovanna d’Aza, madre di san Domenico, “Proprio degli Uffici dell’Ordine dei Predicatori”, I ed. in lingua italiana 1999, p. 524).
Attraverso la fede della madre gestante, il battesimo, sacramento della fede come principio di unità e di identità nelle stesse relazioni interfamiliari, valorizza ulteriormente e “pienamente”, a livello umano, sociale, demografico e comunitario, la dignità, già altissima non solo del nascituro, ma anche della donna gestante in quanto entrambi persone umane, meritevoli peraltro a livello fisico, educativo e interculturale di considerazione attenta, in materia di solidarietà e di necessaria “collaborazione della famiglia umana”, anche da parte di chi non è cristiano. Infatti, dice il papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate al n. 53, come la comunità familiare non annulla in sé le persone che la compongono - (l’aborto invece è anche annullamento fisico e morale nel grembo materno del nascituro in quanto persona!) -, e come la madre Chiesa stessa «valorizza pienamente la “nuova creatura” (Gal 6, 15; 2 Cor 5, 17) che con il battesimo si inserisce nel suo Corpo vivo, così anche l’unità della famiglia umana non annulla in sé le persone ma li rende più trasparenti l’uno verso l’altro, maggiormente uniti nelle loro legittime diversità». Questo, come si vede, non è senza importanza a livello antropologico, sociale ed educativo. In certo modo, la stessa ragione e la “maieutica” classica del “tirar fuori” di Socrate, alla luce dell’ulteriore esperienza storica e cristiana, possono trarre ispirazione e orientamento da Cristo, Verbo incarnato, e dalla rivelazione cristiana. Perché, fra l’altro, Cristo, a tutti, come Maestro, «svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima (e nuova) vocazione». Soprattutto oggi in cui l’umanità appare molto più interattiva di ieri e lo sviluppo dei popoli, destinatari dell’”ammaestrate” e del “battezzate” di Cristo, dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che, in materia di vita e di diritti umani fin dal concepimento, collabora in vera comunione e, se non viene disorientata da ideologie inconsistenti, è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l’uno accanto all’altro.
S. Abramo, 9 ottobre 2010
Il Gruppo laico interdiocesano del sabato sera
Dal “Cortile dei Gentili” antistante alla stazione della Circumvesuviana di Madonna dell’Arco (NA).
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