Via Crucis 2009 in San Domenico Maggiore a Napoli
Venerdì 20 marzo Via Crucis per i bambini uccisi nel grembo materno - Sintesi
Attualmente specie dopo Obama, per ragioni molteplici non solo di natura economica e demografica, ma soprattutto per ragioni di interesse ideologico, politico, pseudoscientifico e pseudo culturale, il grembo della madre è divenuto in realtà il posto meno sicuro per ogni essere umano, indifeso e non autosufficiente. Perché in ogni momento di quei lunghi mesi di gestazione, incombe su quell’“ospite innocente” il pericolo di essere “sfrattato”: anche su di lui, nella culla della vita, incombe infatti l’ombra della morte e il mistero della Croce. “Ti saluto, Croce santa, che portasti il Redentor; gloria, lode, onor ti canta, ogni lingua ed ogni cuor”(Inno della Passione). Dio dona la vita; non la toglie. Con gli uomini invece, la logica cambia musica: non bastano la “lingua” e il “cuore”, se manca una “voce” tanto forte da far valere in quanto persona, i propri diritti, fin dal concepimento e per tutto il tempo che uno resta nel grembo della madre. La Croce invece è il segno dell’amore solidale che Dio ha per tutti e anche per i piccoli ospiti del grembo materno.
Le primizie della salvezza infatti furono applicate proprio in quella particolare culla della vita che è il grembo della donna. «Signore Gesù, in sant’Anna e in santa Elisabetta, nell’ultima Cena e sulla Croce, quel che conta per il “posto” nel Regno, lo hai compiuto Tu» (piccola professione di fede cristologica).
Verbo eterno e creatore, Gesù – lo sappiamo dalla Bibbia -, volle “ incarnarsi”; e, restando vero Dio, volle divenire anche vero uomo nel grembo di Maria. Unendo nella Sua unica Persona divina la natura divina impassibile, alla natura umana passibile di ogni uomo, divenne, per tutti, nel grembo di Maria e fin dal primo istante del suo concepimento, il Salvatore solidale dell’intero genere umano.
Ad ogni contrapposizione egoistica, occorre rispondere con la condivisione solidale. Fin dal concepimento e da quando, al suo primo mese nel grembo materno di Maria, Gesù infatti volle condividere con Elisabetta, nella casa di Zaccaria, la gioia messianica dell’incontro e del «saluto»: segni augurali di “buona” salute, di vita e di gioia. L’aborto invece è il segno e la negazione opposta di tutto questo; perché è la soppressione, anche legale, di ogni diritto umano a partire da quello primario e fondamentale della “vita innocente”. Al tempo di Erode, i Giudei, sobillati da persuasori interessati, reclamarono la “morte legale” di Gesù: «Noi, dissero, abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire» (Gv 19,7). Non è possibile conoscere il numero delle voci che allora, in piazza, chiesero a Pilato la morte dell’innocente Gesù; è possibile invece, pervenire in certo modo, al numero delle tante voci che, in Italia, determinarono la codificazione della legge n. 194 del 22 maggio 1978, con la quale oggi si autorizza, a spese dello Stato, la soppressione della vita innocente mediante l’aborto. Per quelle voci, per noi e per tutti, durante questa “Via Crucis”, ripetiamo la stessa preghiera di misericordia e di perdono che, sulla Croce, fece Gesù: “Perdona, Padre, perdonali”!
A – Fra le quattordici, ecco tre “voci” relative alla 7^,8^ e 9^, una ad ogni stazione della “Via Crucis 2009”, per tutti e in particolare per chi, ancora bambino nel grembo materno, non ha voce sufficientemente forte per reclamare i propri diritti e già “condannato” a non nascere mai con l’aborto, deve morire pure come “colpevole” e senza battesimo.
Settima stazione - Il volto di Gesù asciugato dalla Veronica (Is 53, 2-3)
Riflessione di Luca Balestra, “Voce” di chi, bambino, non ha voce : Gesù, il mio volto non ha apparenza né bellezza per attirare gli sguardi. La stessa legge che solitamente e per natura deve riconoscere e tutelare i diritti, non mi riconosce alcun diritto; neppure quello primario e fondamentale della vita. In base alla Legge n. 194 del 22 maggio 1978, il Popolo italiano infatti ha decretato che, disprezzato e reietto, io devo morire. Gesù, anch’io, in certo modo, sono come te, che fosti “disprezzato e reietto” anche Tu (Is 53,2-3). Perdono; perdonali, Gesù. Il volto tuo, Gesù, è in qualche modo, come il volto mio: sfigurato dall’abbandono, mi ritrovo “macchiato” da un peccato che non ho commesso io. Sono diventato come uno davanti al quale ci si copre il volto: Gesù, estraneo sono per i miei fratelli, forestiero sono per i figli di mia madre (Sal 69, 8-9). Gesù, la Veronica asciugò il volto tuo; ci sarà ancora una donna che vorrà guardare e pulire pure il volto mio? Per l’acqua ad Eluana Englaro, quante voci! Per me che sono senza voce, ci sarà ancora qualche voce? Dal Cuore tuo aperto a tutti e per tutti, uscì sangue ed acqua: Gesù, ci sarà ancora pure per me un po’ di quel sangue e po’ di quell’acqua? |
Ottava stazione, Le donne in pianto (Lc 23, 27-28)
Riflessione di Teresa Scialò, “Voce” di chi, bambino, non ha voce: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli» (Lc 23, 27-28). Gesù, Pastore mio, pensavi anche a me quando parlavi dei figli alle donne di Gerusalemme? Dimmi, Gesù, ci sono anch’io nel Cuore tuo e nel pianto di quelle donne? Ma qui oggi, chi piange per me? Pastore mio, pure per me, come per Te, è stata decretata la condanna a morte. E, in certo modo, per un mistero che non capisco, la morte mia si somma alla morte tua: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me” (Mt 25,40). Grazie, Gesù, ciò che conta, l’hai pensato e l’hai fatto tu; per tutti e pure a me. Grazie, Gesù. Fammi sapere dove abiti Tu. Al latte materno negatomi, supplisca, Gesù, l’acqua che mi dai tu. Zampilli quell’acqua come sorgente di vita eterna, pure per me. Ed io, Gesù, col nome mio, verrò anch’io nel gregge del pascolo tuo. Grazie, Gesù, grazie perché , con me e per me, ci sei davvero soltanto Tu. |
Nona stazione – Gesù è spogliato delle sue vesti: «Si spartirono le sue vesti» (Mt 27, 36-37).
Riflessione di Fabio Fiorito, “Voce” di chi, bambino, non ha voce: Gesù, non si contentarono di spartirsi ciò che era tuo; ma, con le vesti, vollero toglierti pure la vita. Anch’io, o Gesù, sono come Te: sacrificato a causa del profitto, mi viene negato pure il diritto alla vita.. Pastore mio, Gesù, perdono come hai perdonato Tu. Ma l ’acqua tua donala anche a me. E guarda anche a quanti sono relegati, con me e come me, nel numero senza numero dei tanti che non dovranno nascere più. Con il tuo Battesimo di luce, splenda verticalmente anche su di me e su di loro, il sole che sei tu. Perché la speranza «ultima a morire» sei soltanto tu, Gesù, che sei morto e non muori più. Pastore buono, Gesù, ci resti e mi resti, soltanto Tu. |
B - Ultima stazione - Celebrazione della Messa, rinnovamento del sacrificio della Croce.
“Signore, tu hai parole di vita eterna.”
(Sintesi dell’omelia fatta dal sacerdote celebrante)
Il cuore della legge e dei Comandamenti è l’amore a Dio e al prossimo. Gesù (Mc 12, 28-34) ne ha fatto la norma di vita anche per chiunque vuole camminare sulla sua stessa via. La via della Vita e dell’Amore solidale anche per i più piccoli, annidati nella culla della vita che è il grembo della madre. L’amore di Dio è in particolare, un inno biblico solidale con la vita nascente. Infatti la gioia e i meriti messianici di Gesù, avuti nel grembo e partendo dal grembo, invasero non solo il grembo materno di sant’ Anna al concepimento immacolato di Maria totalmente «piena di grazia» (Lc 1, 28; Bolla pontificia “Inneffabilis Deus”); ma invasero anche il grembo di Elisabetta nella casa del sacerdote Zaccaria. Tanto che, a livello dialogico e comunicativo, a partire dal “saluto” che Maria quando era al suo primo mese di gestazione, rivolse ad Elisabetta gestante al sesto mese nella casa di Zaccaria, sono “esplosi” di fronte alle meraviglie della vita nascente, ben quattro inni di benedizione e di lode che, dopo due millenni, restano ancora tra i più eccellenti e tra i più ripetuti della preghiera cristiana, in ogni luogo e in ogni lingua: 1 - la benedizione di Elisabetta per la madre del Signore: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1, 42-43); 2 – l’esultanza avvertita nel grembo della madre e dal grembo materno esternata e condivisa dal piccolo Giovanni che, bambino ancora nel grembo, vive e, a modo suo proprio, fa sentire la sua presenza: «Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1, 44); 3 – il “Magnificat” di Maria, gestante al primo mese: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46-47); 4 – il “Benedictus” di Zaccaria che, proclama: «Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti» (Lc 1, 68-69).
“Signore, tu solo hai parole di vita eterna”. L’abbiamo detta nel Salmo responsoriale questa invocazione, la ricordiamo ora con dolore nell’omelia pensando ai milioni di bambini che in ogni parte del mondo e fin dal primo mese del loro concepimento sono estirpati dalla loro culla vitale che è il grembo materno e senza pietà condannati, per malattia, manipolazioni genetiche e aborto, a non nascere mai. Ad essi, piccoli e preferiti da Gesù, è tolta, per vie di fatto, finanche la gioia battesimale della grazia, meritata in Croce e anche per loro da Gesù. “O Sangue e Acqua, che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di misericordia per noi, confido in Te”.
Il problema del battesimo amministrato, in caso di necessità, ai bambini che vivono nel grembo materno, non è un problema di scarsa importanza né è problema isolato; perché – e lo faceva notare il grande Pontefice Giovanni Paolo II -, «tanti altri temi fondamentali si intrecciano intimamente con questo: la volontà salvifica universale di Dio, la mediazione unica e universale di Gesù Cristo, il ruolo della Chiesa sacramento di salvezza, la teologia dei sacramenti, il senso del peccato originale».
Il piccolo Giovanni non aveva ancora voce sufficientemente forte per proclamare all’esterno tutta l’esultanza di quell’incontro col bambino Gesù, «frutto benedetto» del seno di Maria; però a modo suo proprio e attraverso sua madre Elisabetta gestante, riuscì ad esternare lo stesso ciò che provava in quel momento e, pur essendo senza “voce”, lo fece sapere anche a Maria. Come? Lo rivela a Maria, la stessa Elisabetta: «appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1, 44). La scienza, su questo punto, conferma ciò che, tra gestanti, dice la Bibbia.
Fabio Fiorito, coordinatore
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